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capitolo xxii.


strali; — a quest’ora dovrebbe trovarsi presso a finirli... coraggio!

— Sì, coraggio, riprese Filippo, e volendola confermare in cotesta risoluzione cavò di tasca una grossa chiave e mostrandogliela aggiunse: — Miri, questa è la chiave che tiene chiuso il nostro Curio (e cotesta fu pietosa menzogna). Ora a noi, signora Isabella: come sta a quattrini?

Isabella ghignò acerba e a denti stretti rispose:

— Di debiti un diluvio.

— E mezzi per farne?

— Veruno... e se potessi racimolare qualche soldo, o che la inferma figliuola ha da soffrire?

— Dio ne guardi, povera creatura!

— E il padre mio travolto nella miseria? A lui tanto più aspra quanto più insolita.

— Di certo; dunque la non si stia a confondere, penserò io a rimediare.

— Ma come potrò io uscire dall’agonia del pendere incerta per la vostra salvezza?

— Aspetti, egli era appunto quello che io stava per dirle. Da domani in su Foldo, il fornaio di via Ciovasso... lo conosce?

— No, bensì ho udito parlarne.

— Bene; quando non ci sarò io, ad ogni suo bisogno faccia ricapito a lui; — ma mi raccomando con circospezione, senza che veruno lo sappia. Dunque da domani in su Foldo le manderà a casa un