Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
capitolo xxii. |
pesti bene nel cervello che stasera, o al più lungo domani notte, egli sarà salvo...
— Chi salvo? Curio! Dunque corre pericolo?
— No signora: egli non corre pericolo al mondo; solo è in prigione.
— Dio mio! Voi mi spaventate... in prigione! Quando? Dove? Perchè?
— Non corre pericolo, perchè l’ho in custodia io. Io sono il suo carceriere. Dunque non si rimescoli.
— Ma che colpa ha commesso? Di qual delitto è reo?
— Una bagattella... cose da nulla; ha spaccato la faccia al suo maggiore.
— Oh! grave errore è cotesto. Si è comportato indegnamente.
— Anzi ha fatto benissimo; e se non lo avesse fatto dovrebbe tornare a farlo; creda, signora, la faccia di cotesto maggiore era proj)rio degna di mandarci i cazzotti in guarnigione, come dice il poeta... un ladro... un furfante... e poi lascia morire di stento la sua povera mamma... via, ce n’è di meglio in galera.
— E chi ha conferito a Curio l’uffizio di vendicatore del genere umanp?
— Le basti, signora, che egli ha dovuto farlo, e se non lo avesse fatto lo stimerei meno di un prete; ma, le ripeto per la decima volta, a liberarlo ci penso io.