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ciuffava e impiccava, affermando: che ad impiccare a quel modo i fornai si poteva andar franchi, che tanto la coscienza non se ne risentiva. Qaesta opinione veramente a me parve sempre un zinzino abbrivata, imperciocchè succeda dei fornai appunto come dei lucchesi, i quali godendo fino dai tempi passati il privilegio di fornire il mercato di carnefici, interrogati di che patria sieno, rispondono: «io sono di Lucca per servirla; — ce ne sono dei buoni e dei cattivi...»

Foldo dunque faceva il fornaio — fornaio di cuore; un di quei cuori che la Natura serba sotto il banco e tira fuori di tanto in tanto, per far prova che anche lei, se ci si mette, una creatura di garbo la sa imbastire; Filippo, entrato nella bottega di Foldo, gli domandò:

— Come sta la comare?

— Prima Dio, bene.

Allora Filippo, senza aspettare la risposta, infila su per la scala (Foldo per mezzo di scala interna dalla bottega saliva in casa) e va dalla comare; della quale nuova improntitudine di Filippo impermalito Foldo, che lo aveva provato fin li tanto riguardoso, gli corre dietro e lo trova piantato a mezze scale;

— Che fai tu qui?

— Zitto! Io ti aspettava, ho bisogno di parlarti.

— O chi ti teneva da farlo in bottega?

-— Parla piano. In bottega ci era gente, e non ti