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capitolo xxii.


un amico, ma un amico come usavano nel 1848; lo chiamava compare, non già perchè gli avesse tenuto al fonte verun figliuolo, ma perchè l’uno accanto all’altro avevano ricevuto il battesimo di fuoco nelle cinque giornate; — di cui adesso taluni milanesi fìngono ricordarsi, per far dimenticare la memoria di Napoleone tanto iniquamente ravvivata da loro. — Pari nei due amici il cuore, disforme la vita: randagio sempre Filippo e propenso a imprese guerresche, l’altro casalingo e pacifico: tuttavia, quando si trattò menare le mani, non si distinse il borghese dal soldato, ed è ragione, perchè la tirannide schietta nudrisce gli oppressi di latte acerbo, ma forte, latte di lupa, mentre la tirannide impiastrata di libertà è ai popoli come una balia sifilitica; la vita degli alunni delle monarchie costituzionali è rósa dalle scrofole interne ed esteme... in verun tempo mai, ne chiamo in testimonio la terapeutica moderna, fu fatto tanto uso dei bagni di mare e di ferro, bene inteso ridotto in limatura o in chiavi false.

Il compare si chiamava Foldo e di suo mestiere era fornaio. — Fornaio? — Fornaio. Lo so, lo so, che messere Zanobi Bartolini, reggendo come commissario della repubblica di Firenze il comune di Pistoia, quando gli mancava gente da impiccare andava in compagnia del bargello per la terra a diporto, ed imbattendosi in qualche fornaio, lo ac-