Pagina:Guerrazzi - Il secolo che muore IV.djvu/198

200 il secolo che muore


Scusa, andò a piantarsi di sentinella alla porta per parare ogni accidente: di vero ben gli valse il consiglio, imperciocchè il servente, pigliando per contanti la raccomandazione di Filippo, si fosse sbrigato più presto del consueto, ed ora tornasse con la lingua fuori nella speranza di sentirsi dire: Bravo. Filippo, appena lo vide, borbottò sommesso: — Avessi potuto romperti il collo! — e ad alta voce soggiunse: — Metti giù la bigoncia, che al posto ce la porterò io.

— Ma le pare, sor sergente: questo tocca a me.

— Silenzio! Obbedite; andate a empire la mezzina e fate sia fresca e pulita... andate ad attingerla al pozzo... via, presto, che mi occorre prima di mezzogiorno andare per commissione del comandante fuori di Castello.

Quando lo vide per sufficiente spazio allontanato, mise il capo dentro la prigione e interrogò a voce bassa: Sei lesto?

— Mi manca appena un rigo.

— Tira via.

Quando il servo tornò coll’acqua era finita ogni cosa, e Cario aveva potuto raccontare così a bastoni rotti tutto lo accaduto fra lui e il Fadibonni. Filippo aveva preso la breve scrittura, ed involtatala dentro sottilissima foglia di piombo, se l’era nascosta in bocca tra la pelle delle guancie e le gengive, avendo notato più volte come i questurini,