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capitolo xxii. |
smaniosa, le braccia al collo al padre, proruppe in pianto... Oh! io non li rivedrò più, continuava singhiozzando, nè Curio... nè babbo... oh!
— Sta’ quieta... non ti disperare, o mi fai dare nei lumi; non sarà nulla, sangue al capo... vado pel medico del Castello... ma, bada, bocca chiusa: per me sento che il colpo che hai ricevuto alla vista di Curio è stato cagione di tutto.
Il medico del Castello, desto sul più bello del sonno, andò bifonchiando: visitata Eufrosina tra uno sbadiglio e un altro, conchiuse che Eufrosina aveva perduto la vista; ì su due piedi non poteva dire di più; continuassero le pezzette dell’acqua diaccia per iscoprir marina, la rivedrebbe domani; — su di che buona notte.
Filippo sbattuto, ma rigido più che mai, la mattina per tempo fu a visitare il comandante del Castello col quale rinvenne per ventura il medico: chiesta ed ottenuta facoltà di parlare, espose il caso della figliuola, aggiungendo che lì in Castello non la poteva guardare, chiedergli pertanto il permesso di menarla presso certa parente della defunta sua moglie in Milano: se questo partito gli rincrescesse, Dio lo sa, persuaso com’era che per la molta capacità del signor chirurgo maggiore in breve la sua figliuola sarebbe andata guarita.
Il comandante anch’egli era della progenie dei cani, ma non mastini, quindi qualche devozione egli