Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
194 | il secolo che muore |
cielo in sembianza di stelle, promettono luce e calore, e poi si spengono a un tratto lasciandoci al freddo ed al buio peggio di prima; ma la parola dello amico scende refrigerio alle anime desolate, da non potersi significare con accenti umani, e lo inferno converte in paradiso, perchè quivi si ferma a scintillare come nel suo proprio firmamento.
Il capitano partì co’ suoi soldati, e Filippo tornò a dare animo a Curio e a provvederlo delle cose necessarie al vivere, e:
— Quanto a vitto lascia fare a me, che ti porterò del meglio, perchè bisogna tu ti rimetta in gambe e presto: circa al restante adattati, che se ai superiori saltasse il ticchio di venirti a visitare, vedendoti provvisto meglio degli altri piglierebboro ombra ed allora...
— E allora?
— To’! O a che pensi? Dubiti forse che alle mie mani tu abbi a morire! Bada qua, questa è una lima e quest’altra è cera scura: attèndi senza requie la notte a segare le catene, più presto che farai meglio sarà; conto che tu deva essere lesto in tutta la nottata di domani; adesso riposati e stai di buon animo: segate le catene fa’ di riappiccicarle con la cera, mettiti a letto e fingi dormire, che domani verrò accompagnato, e forse potrebbe venirci il mio aiuto solo.
— E della Eufrosina non mi dici...?