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fuoco, apprestò le vivande, attese a cocerle con religiosa diligenza; di tratto in tratto le gustava, paurosa pigliassero di bruciato, o troppo sapide riuscissero, troppo sciocche; si pettinò, si lisciò, si fece bella... aveva lo specchio davanti e ci si contemplava più spesso che non fosse di mestieri, ma sempre invano, imperciocchè ella badasse allo specchio quanto un re (dispotico o no non fa differenza) al consigliere fedele. Con ardentissimo affetto ella affrettava il tramonto del sole, quantunque l’accostasse di un giorno al sepolcro, e alla età sua un giorno contasse mezzo anno; che importa ciò? per rivedere presto l’amor suo avrebbe dato a patto un anno intero, due anni. Le ossa, come le legna, quanto più sono secche più avvampano.

Verso le due ore di notte venne il desiderato. Qui la Musa fa punto, salta un foglio e ripiglia la storia dal momento nel quale la misera Radegonda, vinta da molte cagioni, massime dalla virtù del laudano a lei propinato in copia dal perfido Fadibonni, giacque nel letto come corpo morto: costui allora pianamente si vesti e si pose a rifrustare sottilissimamente per tutta la casa: delle posate non ci era a fare capitale, le riconobbe di ferro inargentato; tovaglie e tovaglioli lisi, buoni a nulla: peggio le vesti, e per asportarle troppo voluminose nè tali che dessero un filo di speranza le avrebbe accettate il capitano per danaro. Che fare? Dare l’anima al dia-