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174 il secolo che muore


Tale preludiava Abramino nei suoi amori con Giulia.

Al maggiore pareva mille anni svignarsela, onde di nuovo appressatosi a Giulia, in atto eroico favellò:

— Giulia, addio: non ti raccomando i nostri amori, come fece Augusto a Livia, perchè questa rimase vedova, mentre tu convoli a seconde nozze, e nè meno t’impongo dimenticarmi, perchè so che tanto non è nella tua potestà; ti resti di me la memoria come di un sogno che sopraggiunge su le ale dell’alba e fa risvegliare la dormente alla luce con un sorriso. Nel dipartirmi da voi vi auguro sieno i vostri amori pari al muschio del quale dura perenne il profumo senza mai diminuire di sostanza: bevete infaticabilmente nella tazza della voluttà, e l’amore ve la riempia senza requie a bocca di barile: si rinnovino per voi gli amori come il fieno nei prati, dove rifà capo sotto la falce che lo miete; vivete felici, ruzzolate per un pendio di rose monde da ogni spina dalle mani stesse delle Grazie, e quando giunti al termine del tramite mortale, se il Dio dei cristiani non si trovasse d’accordo col Dio di Moisè per collocarvi insieme in paradiso, vi mandino almeno a domicilio coatto nella stella di Venere; addio, addio.

Sbirciato il cappello di Abramino e vistolo nuovo, mentre il suo declinava al tramonto, se lo mise in