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capitolo xxi. |
riscontrare il danaro, di un tratto usci fuori con queste parole:
— Maggiore, l’altra sera ci lasciaste il vostro porsigari — e senza aspettare osservazioni in proposito scappò via; in un attimo verificò se fossero bene quattrocento cinquanta lire quelle contenute nello involto, e tornata col portasigari, mentre lo dava al Fadibonni, ricarabiaronsi fra loro una occhiata, la quale poteva tradursi proprio così: Sgualdrina, non ti sei fidata? — Bisognerebbe avere perduto il bene dello intelletto per confidarsi ad un furfante come sei tu.
— Mia cara Giulia, allora entrò di mezzo a dire Abramino, perdonerà se non posso più a lungo trattenermi con lei, perchè col treno del tocco mi occorre andarmene fino a Casale per assicurare il pagamento di un effetto tornato in protesto col relativo conto di ritorno; di là passerò a Vercelli per assistere alla circoncisione del mio nipote, figlio di mia sorella Esterina e del cognato Anania; poi darò una capata a Milano per vedere un po’ come vanno le faccende del banco sete, che da tre anni mette fuori bilanci magnifici, e poi tra ceralacca e spago non dà un soldo di dividendo: ma che vuol’ella, cara signora Giulia? L'hijo d’un mancer ci fece sottoscrivere mio padre per cento azioni, e da questo, veda, signora mia, che anche le civitte impaniano.