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170 | il secolo che muore |
usciva: giovane egli era e intabaccato di Giulia, però la concupiscenza a cagione degli ostacoli rinascenti gli s’inviperiva, onde brontolò questa risposta:
— Via, per amor suo, signor maggiore, mi sobbarcherò anche a questo carico; le presterò trecento lire.
In capo a cotesta contrada, appellata col nome del Cavour, teneva bottega uno ebreo cambiamonete, creatura del padre Abacuc; da lui Abramino si fece dare una carta bollata da pagherò, e porta la penna al Fadibonni gli disse:
— Scriva, io detterò.
— Sono ai suoi ordini.
— Da oggi a tre mesi pagherò io sottoscritto all’ordine del signor Abramo Ottolenghi lire trecentoventi...
— Come trecento venti? non devono essere trecento?
— O gl’interessi chi me li paga? Veda, caro lei, le conteggio uno per cento al mese; un vero regalo; la tratto da fratello.
— Mi pareva che, anche a modo suo, farebbero trecentonove.
— E la senseria? E la provvisione? E il foglio bollato? Caro lei, gliene regalo mezzi. Tiri via.
Il Fadibonni, risoluto a non pagare frutti nè capitale, non istette su lo spilluzzico, scrisse, sottoscrisse, appose la data, fece insomma ogni cosa in