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capitolo xxi. |
nale, lo mise sotto gli occhi del maggiore, il quale, vedendo la bugia trottare sul naso di Abramino, soggiunse:
— Ma a lei non costerebbe niente a procurarseli altrove.
— Dio ne liberi! Se il mio signor padre venisse a saperlo mi diserederebbe.
Allora il Fadibonni conobbe in un attimo come ogni discussione menerebbe a nulla, onde, chiappata la mosca a volo, riprese:
— Pazienza! Pel rimanente cercherò altrove; intanto fo capitale su le trecento lire che avanzano a lei, dopo pagate le settecento a Giulia.
— E allora, caro lei, con che rimango io?
— Oh, a lei ricco sfondolato non mancano mezzi di far quattrini! Intanto pensi che se ho creato debiti l’ho fatto per sopperire al mantenimento di Giulia, che le merci furono portate a casa sua, che dove non le pagassi io potrebbero molestare lei, e però di traverso chi la protegge, e che per cosa al mondo non voglio lasciarmi debiti dietro. Nell’oro io non nuoto di certo, ma mi vanto soldato onorato al pari di ogni altro: sono maggiore; le rilascio un mio pagherò, e veda che libero dalla spesa di Giulia mi sarà molto facile mettere da parte tanto da poterla soddisfare in capo a tre mesi o quattro.
Abramino a sua posta capì come senza lasciarvi anche quel bioccolo di lana da cotesto roveto non