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capitolo xxi. |
— Queste le son faccende che si fanno bollire e mal cocere; vado per esso e te lo conduco subito.
— Delizia mia! Se tu avessi indovinato per tempo la tua vocazione, a quest’ora saresti triplice milionario; ma sei sempre giovane, ed un bello avvenire si distende innanzi a te.
Il Fadibonni non intese le parole della landra, o finse di non intenderle; pauroso che l’uccello se la svignasse dal vergone, aperto l’uscio di casa, si cacciò a scavezzacollo giù per le scale.
— Caro lei, com’è che la vedo tanto rimescolato?
— Abramino, mi compatisca, ahimè! pensando a dovermi dividere da quella divina creatura, mi sento pigliare dal ribrezzo della febbre quartana.
— Per vita mia, io non vorrei essere cagione di tanti disturbi. Quando ci entra di mezzo la passione non si è mai sicuri... e considerando che domani l’altro ella potrebbe pentirsene...
— Domani parto.
— Allora muta specie... e se la signora Giulia acconsentisse...
— Ella acconsente; e confida di essere nell’amarezza che l’opprime consolata da tanto bravo giovane quale ella è.