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capitolo xxi.


possieda cinquanta lire; dammi tempo ond’io possa provvedere; se non riesco mi ammazzerò...

— Riassicurati; ti garantisco io dai tuoi proponimenti micidiali; va’ franco, noi non siamo di quelli che si uccidono; in qualunque articolo del codice penale noi possiamo andare come a locanda. Ti basta un giorno? No? Ebbene, non buttarti al disperato, pigliane due; dunque a domani l’altro, qui, a quest’ora: vale.

E versatosi un altro bicchiere di acquavite se lo rovesciò nello acquaio della gola e parti.

Il maggiore, quando abbassò la fronte umiliata, aveva pensato a certo suo tiro, ma ruminandoci sopra gli ripugnò, perchè ogni uomo possiede limitata la sua potenza di ribalderia, come la statura; per la qual cosa, uscito di casa, si mise a camminare randagio come cane senza padrone; andando in questo modo a casaccio, le gambe, in virtù della consuetudine, lo portarono nella strada dove albergava Abacuc Ottolenghi, usuraio classico fra i più spettabili della città. Abacuc il giorno di sciabà in casa era repubblicano, i giorni di lavoro monarchico savoino; usuraio sempre; però quando si trovava tra i suoi sosteneva sul serio, che dopo ottenuta la libertà dell’usura, gli ebrei non si dovessero assaettare dietro altre libertà: il coronamento dell’edifizio lo avevano conseguito. In gioventù si era lasciato ire fino a mantenere una figurante del teatro,