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ghiottito; ora, se io lo ripongo in processo, che tu non me lo pagherai in moneta conosco benissimo, lo pagherai però con tanta infamia alla morte.

Il Fadibonni, vedendosi capitato in male branche, fa greppo come 1 fanciulli in procinto di piangere, e gagnolando dice:

— Ma perchè ti provo tanto nemico? Ti ho offeso forse nell’onore? Nella vita?

— No; tu mi hai unicamente portato via quattrini e di molti. Adesso mi capita il destro di rifarmi e me ne approfitto.

— E quando ti ho rubato denari io?

— To’! Questa è nuova di zecca; quante volte tu hai giocato meco, tante non mi hai pelato da mettermi addirittura nello spiedo?

— Io gioco da gentiluomo; tanto vero questo, che per colpa del gioco mi trovo scorticato.

— Amor mio, ciò, se è vero, significa che tu, più esperto di me, mi hai divorato, ed essendoti poi imbattuto in persona più capace di te, ti ha divorato; in terra e in mare pescicani; chi sa che non abbiamo a trovarne anche in cielo.

Il Fadibonni, chinata la testa, pensò; vedremo più tardi a che cosa pensasse; quando rilevò la faccia si conobbe che il demonio, passando, lo aveva schiaffeggiato con la sua ala, ed umilmente prese a dire:

— Fruga da per tutto e ti chiarirai com’io non