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154 | il secolo che muore |
pagherò, conosciuto dai giudici, non valesse a salvare la vita a quel povero diavolo.
— Ma egli è poi mio questo benedetto pagherò? Io non ricordo mica di averlo sottoscritto, o fammelo un po’ vedere.
— Andiamo, via, burlone! Tu lo dovresti avere a quest’ora già visto e considerato; ma non monta; pigliati tutte le tue soddisfazioni. E qui, cavata di tasca una rivoltella a sei colpi, la inarcava; ciò fatto trasse dal seno il portafogli, e si disponeva ad aprirlo, quando il Fadibonni, sciolto un sospiro lunghissimo, disse:
— Camerata! basta; io non ne ho più bisogno. Giusto in questo punto mi ri sovviene avere sottoscritto quel pagherò.
— Gua’! Accade della memoria come della calza, che talora perde un punto, ma la calzettaia raccattandolo rimette a sesto ogni cosa.
— Però, camerata, ti giuro... non so su che giurare, ma ti giuro che non posso pagarti questa somma; di presente sborserò duecento lire; per le rimanenti ti segnerò pagherò a due e a quattro mesi di data.
— Dall’orecchio destro sono sordo e dal sinistro io non ci sento.
— Per carità, lasciati commovere le viscere.
— I’ sono nato senza.
— Mira, mi raccomando in ginocchioni.