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capitolo xxi.


giore si ostina a non volerlo vedere; ma Curio non si stanca, e tanto replica il saluto, che i compagni del Fadibonni, essendosene accorti, gli ebbero a dire:

. — Maggiore! e’ pare che questo uomo cerchi te; dagli retta, e liberaci dal fastidio.

Allora, stretto fra l’uscio e il muro, Fadibonni con mal piglio si appressa a Curio e a voce alta lo interroga:

— Cercate di me?

E Curio sommesso:

— Di te.

L’altro di rimando:

— Vien qua oltre e dimmi il fatto tuo.

Scostaronsi trenta o più passi dal gruppo degli ufficiali; quivi fermaronsi: e il maggiore continuò a dire:

— E ora che novità sono queste? Che Anioi? Che pretendi da me?

— Quattrini.

— Non possiedo più nè manco un soldo per me, o come vuoi ch’io ne dia a te?

— Trovane.

— E dove?

— A questo hai da pensare tu, che sei debitore, non io creditore.

Queste parole venivano profferite cupe, ansiosamente rotte; parevano passi che movano pel buio