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16 il secolo che muore


Procedendo poi, come succede, con meno discrezione che non avrieno dovuto, attesa la comodità grande del trovarsi insieme, accadde quello che doveva accadere...

Efisio comprese in un attimo la fortuna avergli apparecchiato davanti tre partiti, e non più: primo, correre difilato al Naviglio, e a capo in giù precipitarvi dentro, ma se ne rimase per parecchi moti e tutti lodevoli, tra i quali capitalissimi questi: che correndo un sido da cani, avrebbe trovato l’acqua troppo fredda, ed egli temeva i reumi; e che bisogna pensare almeno due volte alle cose che da una volta in su le non si possono fare; il secondo stava nel pensiero ch’egli doveva o con ferro, o con laccio, o con veleno precipitare innanzi tempo creature umane dentro il sepolcro; e per giunta chi? Artemisia! la luce degli occhi suoi; anzi, pure dell’anima. Gavino! Il primo volto sul quale egli posò gli occhi con coscienza di amore? Solamente a pensarvi non aveva pelo sul corpo senza stilla di sudore; consisteva il terzo nel tuffarsi nello studio di uno avvocato, e ci si tuffò.

Mentr’egli, quasi sempre fuori di sè, esponeva l’atroce caso, lo avvocato, tirando su fino al quarto cielo del suo cervello una presa di tabacco, mulinava fra sè: oggi è giorno di gala; uno scandalo, un guadagno, una occasione strepitosa a sbraciare la mia fama prossima a spegnersi sotto la cenere; egli è