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capitolo xxi. |
che di quelli che già ho riscosso intendo... anzi pretendo... e non lo contrastare, che lo tenteresti invano... fare a mezzo; darteli non posso, ma te li prometto.
Cario non si sentendo di umore di patire, oltre il danno, lo strazio, troncò il colloquio e prese commiato: per le scale si percosse della mano la fronte ed esclamò:
— Grullo, Curio, nascesti e grullo morirai; e si che a questa ora dovresti sapere che i ganci quando diventano diritti non sono più ganci.
Intanto, avendone agio, egli si pose a ricercare con molta cautela traccia dei suoi parenti; meglio non lo avesse fatto, gli parve di mettere il piede su la via del calvario; ad ogni passo inciampava dentro una tomba; cercò di Eufrosina e del padre Filippo; da questo lato ebbe nuove meno triste; non liete però. Filippo tra bene e male era guarito, ma camminava zoppo; col tempo sarebbe andato più spedito, forse; così almeno prognosticavano i medici, frattanto ranchettava. In grazia della protezione del buon maggiore suo amico, egli aveva ottenuto il posto di custode delle carceri militari del Castello di Milano.
Curio, dopo avere esitato un pezzo tra la pietà e la vergogna di comparire al cospetto della madre amatissima, da tanto tempo derelitta e in apparenza obliata, vinto dalla pietà, statuì condursi a Milano