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136 | il secolo che muore |
— Orsù, diamo un taglio a queste giammengole: favelliamo di affari; sai! io non ho mancato di usare le debite cautele per costringere al pagamento i nostri debitori; ho sudato acqua e sangue, e di qualche cosa sono venuto a capo; ecco delle diecimila lire cedutemi la metà, comecchè con molta fatica ho riscosso poche lire più o meno; ma per l’altra metà che spetta a te, in fede di gentiluomo io ne ho perduto la speranza, opperò mi tardava vederti, per renderti i tuoi pagherò, onde tu veda se a te, più fortunato o sagace, riuscisse cavarne cappa o mantello.
Così favellando aperse lo scrittoio, e cavatone fuori un pacco di pagherò, lo deponeva nella mano aperta di Curio trasecolato, e continuava:
— Questi tuoi debitori sperimentai della natura dei corvi; sentono l’odore della polvere; avvicinandosi il cacciatore, levansi a stormi e vanno a posarsi su gli alberi fuori di tiro.
Curio, anco qui non potendo altro, diede una scrollatina di spalle e fece bocca da ridere; parve che il maggiore se ne scorrucciasse; e di fatti con voce alterata proseguì:
— Non ti garba la partizione? Ebbene, non ci dobbiamo guastare per questo: buoni amici fummo e tali abbiamo a rimanere: da’ qua i biglietti, io guarderò se dando un’altra stretta di forza al torchio qualche altro soldo mi riescirà a spremerne: an-