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134 | il secolo che muore |
egli in un baccliio baleno te l’avrà rovistata da cima a fondo, frugata in ogni parte più intima; spiegato e ripiegato vesti, biancherie, pannilini e lani; aperto lettere, lettele e rimesse al posto: caso mai tu avessi smarrito in camera tua qualche oggetto, vivi tranquillo, ch’egli te lo ritroverà. Che ci vuoi fare? E istinto congenito alla natura degli uscieri, dei commissari pei gravamenti, degli espositori ai pubblici incanti, dei notari, e, bisogna che lo confessi a confusione mia, dei romanzieri.
Curio, non so a qual titolo, pareva affetto della medesima infermità.
— Dulcissime rerum, esclamò il maggiore quando, aperto l’uscio, gli comparve davanti Curio — Mira eh! se mi rammento del mio vecchio latino? Non ci si vede mai, come dicono lassù a Firenze quegli squasimosdei del bel parlare amino; che fai? come te la passi?...
— Nel venir su; a piè dell’uscio di casa tua ho trovato questa lettera... m’immagino che ti appartenga, — e in così dire gliela porse.
La solita nuvola ottenebrò correndo la faccia del Fadibonni, il quale irrompendo in risa sfrenate domandò a Curio:
— E tu l’hai letta?
— O che nella lettera ci è scritta cosa che a te rincrescerebbe io conoscessi?
— Ho capito. Tu l’hai letta... avrei fatto come