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capitolo xxi.


baggi; all’ultimo infermai e strema di tutto mi condussi all’ospedale dove ora mi trovo; la febbre è cessata, ma io non valgo a reggermi in piedi; lo spedalingo ha promesso tenermi qualche altro giorno per carità, ma lunedi mi toccherà andarmene senza remissione. Credilo, figliuolo, credimelo quanto è vero Dio, a me non rimane altro che mendicare, ma io non ho balia di strascinarmi per le strade: cascherò su qualche muricciuolo e li morirò. Mandami per le piaghe di Gesù Cristo un qualche soccorso; non me lo negare; non t’infingere povero per ributtarmi, che io so come tu spendi e spandi in male femmine e in gioco, che fu e sarà sempre la tua rovina. Altro non aggiungo: aspetto la tua risposta a braccia aperte, supplicando la beatissima Vergine che ti tocchi il cuore. Tua madre in lacrime. — Bergamo. — Livia O. T.»

Senza dubbio nel cavarsi la chiave di tasca per aprire l’uscio, cotesta lettera era cascata al Fadibonni; Cario nel ripiegarla pensò: una più, una meno, non sarà quella che lo manderà all’inferno.

Curio fece male a leggere la lettera. E chi lo nega? Per me dichiaro che fece malissimo. Tamen, ci hanno pecche naturali che non si possono correggere; ed io che scrivo conosco un uomo probo, e che per quello che fa la piazza si potrebbe citare per esempio, a cui tu confiderai sicuramente un tesoro, ma guardati di lasciarlo solo in camera tua: