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capitolo xxi.


che verrà piumato, inargentato, con tanti voti sul petto da dar quindici ed una caccia ai piedi alla miracolosa Madonna di Oropa.

Il maggiore venne serio come un bufalo; gonfio come un tacchino quando fa la ruota; in sembianza non bestia, bensì di tutte le bestie dell’arca di Noè. E ora perchè si rimescola il sangue da capo alle piante a Curio? E perchè sopra la faccia sparuta del maggiore adesso si stende un’ombra a mo’ che accade su la campagna aprica, se una nuvola venga improvvisa a passare traverso i raggi del sole? Curio riconosce nel maggiore il vile Fadibonni e il Fadibonni lui; la rassegna si compiva in meno che non si dice un credo; al maggiore ogni istante pareva mille anni di trovarsi lontano di là. Quello e l’altro di passarono senza accidente; al terzo Curio ricevè un invito di presentarsi al maggiore; ed egli, non potendo fare a meno, vi si recò; il Fadibonni, appena lo vide, chiuse l’uscio, avvertì di tirare le cortine, e all’ultimo, voltosi a Cario, con allegra faccia lo abbracciò, lo baciò, ed ei si lasciò fare; finalmente il maggiore prese a ragionare così:

— Or di’ su, qual destino ti balestra in queste parti? Quali i tuoi casi? perchè non hai messo il cambio? La è questa una delle tue solite capestrerie?

— I casi miei sono lunghi ed infelici; dispensami da contarteli; non misi cambio perchè una condanna