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122 | il secolo che muore |
da letto corse a spalancare la finestra; ahimè! Si era dimenticato che la tramoggia toglieva la vista del di fuori; tuttavolta, essendo la tramoggia composta di calcina, la pioggia rodendo il cemento ci aveva aperto un breve pertugio, il quale allargato tosto da Curio col mezzo di un chiodo, gli concesse vedere una frequenza insolita di gente a cotesta ora; un andare e un venire di lumi dalla caserma; poco dopo comparve una bara portata da quattro uomini, i quali, come entrarono cheti, cheti del pari se ne uscrirono: solo uno di essi piangeva tacito, pure di tanto non si potè tenere che in qualche singhiozzo non rompesse. Allora sopraggiunse un uffiziale infellonito e gli menò una piattonata da mandare faville sopra la spalla non gravata dalla stanga della bara! Il soldato si ricacciò in gola un altro singhiozzo che stava per uscir fuori; per vantaggino l’uffiziale aggiunse al colpo le parole: — Crepa piano, canaglia!
Curio, che moriva di voglia di sapere che cosa fosse accaduto, prese ad interrogare alla larga il carceriere quando prima gli comparve davanti, ma l’altro acqua in bocca; però Curio avendolo avvertito che tanto fra pochi giorni usciva, non si gittasse al ritroso, lo contentasse, il carceriere, trovato essere vero quello che gli ricordava, non senza molto raccomandargli la segretezza, che altrimenti guai a lui, gli raccontò come in settimana si avesse