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116 | il secolo che muore |
Come a Dio piacque, Cario tornò più vispo di prima; ma per saltare dalla padella nel fuoco; imperciocchè avesse a comparire dinanzi al Consiglio di guerra. Indicarongli, ed egli accettò, difensore un uffiziale, a cui per ventura il regolamento non avea ancora mummificato il cuore; il quale udendo come egli intendesse addurre per discolpa avere seguito la fortuna di Garibaldi, come quello che egli giudicava meglio adatto per condurre alla vittoria la gioventù italiana, levò di schianto ambe le braccia al cielo ed esclamò:
— Dio ve ne guardi! Il Consiglio vi crescerebbe di due gradi la pena; lasciate dire a me; se vi poteste atteggiare ad imbecille, beato voi! la migliore accompagnatura che uomo possa avere nel cammino della milizia è la stupidità; con questa al fianco voi potete vincere il palio anche correndo col generale Lamarmora: ed abbiatelo per inteso.
Il difensore officioso mise innanzi ai giudici certe sue gretole, che erano tanti bruscoli negli occhi al
non parrà strano che a Curio sembrasse vedere il peccato e la morte giocare alla buchetta nei butteri della faccia della vecchia suora di carità.
Mentre correggeva questo capitolo, mi capitarono i giornali, dove leggo che nella seduta del 13 marzo 1873, nel Parlamento italiano, trattandosi di queste male femmine, fu detto che negli ospedali sono un vero malanno. Dieci anni fa ebbi ad osservare il contegno rapace, gesuitico di codeste gabbiane nell’ospedale di San Francesco di Paola, e non mancai di farne parte al mio buono amico Durando, generale di divisione a Genova.