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capitolo xxi.


zino; ripiglierà, se vuole, l’una cosa e l’altra quando cesserà la milizia.

— In una parola, gesuiti armati.

— Precisamente.

Curio, per non dare di fuori, morse la coperta, ma persuadendosi poi che con quel ceffo di ferro male limato non ci era da cavarne costrutto, appena si sentì alquanto sboglientito riprese a parlare:

— Ebbene, ci siamo intesi; io qui rimango per conto vostro, e voi potete vivere sicuro che mi ci ritroverete di certo: potete andare.

— Ma io non vi posso lasciare; lo vieta il regolamento; voi dovete venir meco allo spedale militare.

— Io vorrei sapere un po’ come abbia a fare per tenervi dietro?

Mentre così favellava, ecco fa vista entrare nello spedale una lettiga munita di coperchio chiuso da incerato verde portata da quattro uomini, i quali, fattisi presso all’infermo, la depositarono giù a piè del letto; poi senza perdere tempo si ammannivano a sollevare l’infermo per tramutarlo, con quel maggior garbo che per loro si fosse potuto, nella bara, quando Eufrosina, stesa la mano, trattenne quello ch’era più presso a lei: non tremava ella, non piangeva; suono di minaccia non si udiva nella sua voce, e tuttavia metteva paura, imperciocchè sopra le sembianze deformi distingui male l’amore o l’odio,