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capitolo xxi. |
il prezzemolo nelle polpette. Quello che volevamo acquistare lo avevamo in tasca senza il vostro soccorso.
— L’aveste per elemosina; vi fu messo nel bussolo come il soldo al cieco.
— Ma che bussolo o non bussolo, abbiamo fatto l’Italia; l’Italia è fatta in grazia del nostro saper fare.
— Eravate tremanti, non già sapienti, quando, travolti dal terrore nei passi amari della fuga, supplicavate: Irreparabile sventura! Dietro a Brescia; per amore di Dio, coprite la ritirata!
— Cotesto erano finte di cartoccio per levarvi dal Tirolo, dove ci avreste rotto le uova nel paniere. Ci avevano dato la musica in mano, che dichiarava così: se volete vincere perdete.
— Lusso d’ipocrisia! Perfidia sciupata! Non ci provaste sempre docili ai vostri comandi? Forse anche allora non vi fu risposto: obbedisco, alla quale parola voi batteste le mani e la proclamaste magnanima?
— A voce alta, ma a bassa la chiamammo asinaggine; e poi, che poteva egli fare il vostro Giuda Maccabeo? Siena per forza.
— E allora perchè abbindolarci?
— Grua’! per cautela.
— Va bene; ma intanto io non so di tante diavolerie; andai con Garibaldi, perchè dal governo