frosina sta in mezzo a loro, ma non tutta per loro a mo’ di una sorgente blanda e continua di consolazione; ella infermiera, ella segretaria, ella lettrice di lettere segrete a tutti gl’infermi che o non potevano o non sapevano, ed ella del pari scrittrice a parenti, a spose e alle più dolci amanti; chè a lei non premeva nulla di che gente fossero e neppure di quali costumi; le bastava persuadersi ch’ella avrebbe coi suo scritto consolato un’anima in pena, onde accettasse ogni più dura fatica; scrivendo senza posare mai da un giorno all’altro, ella sarebbe morta di vigilia e d’inedia, martire della penna. Non abbiamo letto ai giorni nostri di un sonatore, venuto a gara di suono, morire per eccesso di fatica? perchè non poteva Eufrosina consacrarsi vittima allo scritto? E bada che il musicante accettava il duello armonico per causa di lucro, mentre ella durava la immane fatica per senso di pietà. Se ai miseri infermi fosse stata imposta la scelta tra non vedere l’aurora o la faccia di Eufrosina, io per me credo avrebbero renunziato all’aurora. Davvero ella non pareva cosa mortale, imperciocchè la si trovasse lì appunto da per tutto; onde talora pensavano che fosse uno spirito diffuso dintorno nell’aria; se lo spasimo strappava ad un sofferente un sospiro, egli non l’aveva ancora compito che si sentiva refrigerato con le parole: — Fratello, che hai? — E subito dopo ella gli rinfrescava la fronte, o gli