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82 | il secolo che muore |
nella galleria, lasci parlare; lasci la lingua a casa, o la venda al beccaio.
— Ecco il guadagno, brontolò Elvira mordendosi il labbro inferiore per la stizza, che abbiamo fatto a lasciare Torino; se la capitale dura anche sei mesi a Firenze, noi ci troveremo ad avere perduto fino l’ultimo briciolo della civiltà piemontese.
Probo non udiva il dialogo, e quindi continuava sereno:
— La campana si conosce pel suo suono; il mio è questo: ho l’onore di dichiarare nel nome della compagnia che rappresento, e nel mio, che noi ci obblighiamo a imprendere la costruzione della ferrovia di cui è proposito a venti milioni di meno, dico, con venti milioni di ribasso sul prezzo stabilito dal signor ministro dei lavori pubblici col consorzio degli imprenditori stranieri....
— Che! Che! Come? strillarono ad un punto Omobono ed Elvira con la caterva dei loro clienti, spendolandosi fuori dalle tribune. — Che ha detto? Quanti ha detto? domandava l’uno all’altro come dubbioso di avere male inteso; e i compari che si scoprirono parziali a Probo ripotevano in quilio: venti milioni! venti milioni! Sicchè gli echi della sala andavano ripetendo: venti milioni! venti milioni!
Probo scese dallo stallo per portare la stupenda obbligazione sul banco della presidenza. Il deputato Anussi, isdraelita e trapelo del Sei-