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capitolo xvi. 79


Di qui uno schiamazzo, un frastuono, un rovinio da mandare sottosopra sala, banchi, deputati e ogni cosa; le guardie nazionali posero le baionette in resta; i ministri consultarono il ministro della guerra se fosse caso di ritirata; le signore ammannirono i sali, i cavalli stessi dipinti sopra le pareti pareva che, aombrati, stessero per iscappare; il presidente, venutogli meno ogni partito, si mise Nettuno in capo, vo’ dire il cappello, e la tempesta parlamentaria quasi per incanto tacque.

Probo si accorse avere commesso una papera; il soverchio aveva rotto il coperchio, però non gli parve di avere a gingillare, onde, agitando un fascio di carte, di subito con voce stridente riprese a dire:

— A cotesta gente di poca fede ecco come si risponde: voi non conoscete quali e quanti tesori rinchiuda in se l’alma terra che ci è patria.... in verità io vi dico ch’eglino non ponno venire superati, eccettochè dai tesori che si accolgono nel seno dei suoi generosi figliuoli (e qui si accennava alla parte dove il cuore ha la gente, avvertendo a non batterci sodo, per paura che dal suono non si accorgessero ch’egli era vuoto). Signori, io, subito dopo le parole bugiarde, odio le vane; le arti oratorie non appresi mai, e non le curo; fatti voglionci; di cose abbisogna la patria nostra; lingua corta mano lunga. Ebbene, io, pieno di fede come Moisè, ho percosso la rupe, e tale ne ha prorotto un trabocco di acque, che io mi sono trovato