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capitolo xvi. 77


bire la via San Gallo, dove occorrono la stamperia del giornale la Nazione e lo Spedale dei Matti, perchè temerei che il dottore Bianchi mi agguantasse pel petto in vicinanza di Bonifazio, dicendomi: «Passi qui dentro per farsi raccattare due maglie al suo cervello.» Ma ora sento obiettarmi: quanto ella dice è oro rotto; ma in Italia ecci volere? A questa domanda io mi sento tutto rimescolare dentro, e rispondo: e come siffatto dubbio può uscire da labbri italiani? In qual modo l’Italia vinse la barbarie dei secoli? Col volere. Come la lunga, varia e greve dominazione straniera? Col volere. Come ricostruire la perduta unità? Col volere. Quando Umberto dalle bianche mani, affacciatosi alle Alpi, stese il suo sguardo per quanto è lunga la Italia, sclamò: tutta mia! tutta mia!1 E fu questo magnanimo volere, che trasfondendosi di secolo in secolo nei suoi non manco magnanimi nipoti, di concetto prese forma di realtà; ed in breve, così giova sperare, noi lo vedremo compito. L’astro di Casa Savoia non può fallire...

Applausi dalla destra, dai due ventrìgli ed anche dalla sinistra.

— Certo, in qualche contingenza, non saremo noi

  1. Della reggia su la vetta,
         Del palazzo sul pendio,
         Canti pure la civetta:
         Tutto mio! tutto mio!
          (Guadagnoli, Poesie)