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capitolo xvi. | 69 |
li sfondi tutti, con meraviglia non meno che con diletto degli spettatori. Infatti il ministro, ripigliando mansueto il suo dire, passò in punta di piedi sopra la poca cura posta dai suoi predecessori a mantenere le conquiste fatte sopra i terreni paludosi, e deplorandola la scusò, notando esserne stata colpa i tempi grossi nei quali troppo maggiori cure dava la salute d’Italia, che quelle dei bonificamenti dei paduli non sono. Adesso la negligenza non avrebbe scusa; essere disposto a compire con tutta alacrità il debito proprio: lo consigliassero i deputati, lo sovvenissero; egli non desiderare di meglio; da tutto e da tutti potersi ricavare del bene, anche dalle vipere.
Questo ultimo tratto andava diritto a colpire il deputato dal viso di vinaccia, che pronto rimbeccò:
— Sicuramente, se ne cava il brodo, che fa bene ai tisici: — ma si chiamò soddisfatto, e finì col dire che, riponendo ogni fiducia nel ministro, avrebbe votato per la legge.
Il popolo ridendo di cuore esclamò: gli ha dato il pane con la balestra. Qualche destro disse: bravo! La sinistra, arrapinata per cotesto voltafaccia, come se a questa ora tanti suoi sozi (avverta il proto nel comporre questa parola a metterci una z sola) non ce la dovessero avere assuefatta, mostrò i denti e il pugno chiuso, come la la scimmia quando le rubano le noci.