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capitolo xvi. 61


Omoboiio, con parole fumanti più del fiato del cavallo che abbia corso a staffetta, strideva negli orecchi all’Elvira:

— Perdio! Qui giochiamo di noccioli... O questa conchiusione come ci casca? Ci sia caso che costui mangi a due palmenti? Non sareste fra voi tutti di accordo?

Elvira, punta sul vivo, rimbeccava come un aspide:

— O che credete che i ministri si comprino come mazzi di sparagi? Io vi ho ripetuto le migliaia di volte, che quanto a guadagnarci questo ministro col danaro, non bisognava pensarci ne manco; poi non era con dugentomila lire che si sarebbe potuto acquistare; aspettate; forse chi sa che la delicatezza ostentata non sia una figura rettorica, una finta di cartoccio per riuscire meglio nello intento.

— Maledetta virtù, grugniva Omobono, io me la trovo sempre fra le gambe come una veste di fiasco.

— Zitto! soggiunse Elvira; ecco, adesso piglia a parlare il deputato Ramassi.

— Ed è dei nostri lui?

— Figurarsi! Come le dita della mia mano! O non vi ricordate di averlo incontrato venti volte almeno a pranzo in casa mia? E sì, che non si dovrebbe dimenticare tanto facilmente, perchè, masticando nel punto stesso da tutte e due le ganasce, non si sa bene s’ei mangi o stia a modello dei mascheroni da fontana.