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capitolo xv. 47


consorte ebbe più virtù che ella giudizio; e però baci la mano alla sua signora, pigli una presa di tabacco e continui la lettura del Secolo che muore.

Ormai tutto è stato ammannito; il gruppo dei banchieri stranieri, capitanato da un caporale coi fiocchi, presentò le sue proposte; le condizioni furono discusse sottilmente, modificate e approvate, le garanzie richieste accertate con tanti biglietti di Banca Nazionale messi in deposito; il contratto, sottoscritto dal ministro e dagli imprenditori, ormai è diventato irretrattabile, salva sempra l’approvazione della Camera, la quale aveva da parecchi giorni a studio lo schema di legge; nè, per quanto si sapeva, negli uffici era sorta nuvola alcuna che turbasse il bel sereno dell’affare. Ogni ora più pigliava piede il prognostico che la legge sarebbe passata senza serio contrasto; intanto i mestatori parevano tanti barberi al canapo per acquistare e palleggiarsi le azioni; fra gli interessati era una irrequietudine, un’allegria da non potersi con parole convenienti descrivere.

La sera precedente al dì in cui si aveva a discutere la legge per la concessione della ferrovia in proposito, Egeo volle ad ogni patto che si facesse cena in casa di Elvira (veramente cotesta casa apparteneva a lui, e come padrone dì e notte ci albergava, quantunque tenesse aperta un’altra casuccia in via del Giardino; tuttavia volle una settimana fa che