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46 | il secolo che muore |
Omobono, non già col piglio di Arsace quando canta: Eccomi alfine in Babilonia, come aveva fatto Egeo, bensì in sembianza umile, con voce da pigliare per soavità sotto gamba quella del flauto, che nello notti di primavera si diffonde sulla tremula superficie del lago... — e qui fo punto, perchè altrimenti la similitudine romantica minaccia di vincere in lunghezza la più classica di Omero, — egli, Omobono, la scongiurò a permettere che con un casto bacio i suoi legittimi ardori suggellasse; ma ella intemerata a lui supplichevole rispose come ad Egeo arrogante: veruno uomo l’avrebbe baciata, tranne il marito dopo celebrate le nozze; lì per lì s’impossessò di Omobono una maledetta rapina, che l’avrebbe mangiata viva, ma indi a poco, ripensando alla virtù della donzella e al culto professato da lei alla Vergine purissima, un lampo di giubilo gli irradiò la faccia per modo che parve trasfigurata. La moglie casta è una corona di gloria sul capo del marito... eh! lo ha detto lo Spirito Santo, che se ne intendeva, andò per quanto fu lungo il giorno borbottando Omobono.
Ma dunque cotesto vostro Omobono, che pure ci avete descritto giovane elegante, insomma era un ghiozzo da pigliarsi con le vangaiuole? No, signore, Omobono era innamorato; ed ella fu mai innamorato? Se sì, e non le incolse peggio, accenda i moccoli ai piedi del suo santo avvocato, perchè la sua