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capitolo xix. 439


Dio è in alto e il re lontano; però quanto ha fatto non basta, bisogna che adesso estenda la sua compiacenza a farsi frugare dalle mie guardie, le quali nello esercizio di questa parte penosa del loro ministero uniranno, vostra reverenza non ne dubiti, uniranno alla solerzia ogni possibile riguardo.

— Come, ardireste mettere le mani su l’unto del Signore?

— Poi ci laveremo le mani col sapone.

Il curato tremava di rabbia e di paura; l’abitino gli pesava al collo; onde rivolto ad Egeo, con piglio che parve terribile ed era codardo, esclamò:

— Ah! siete voi, signor Egeo, proprio voi che volete si strugga nel fuoco penace il meschino di cui gli occhi appannati dalla morte stavano perpetuamente innanzi alla vostra defunta? Voi che esponete agli ultimi oltraggi un sacerdote di Dio?

— Ma io... rispose Egeo esitando. E il prete mascagno chiappa la mosca a volo e rincara la posta...

— Or bene, io vi ammonisco, e riponetelo bene nella mente, che non passerà l’anno che voi vi raccomanderete a mani giunte perchè accetti e porti all’altare di Dio la offerta che gli contrastate adesso: prima che scada un anno vi cito a comparire innanzi la Corte di assise del paradiso, per rendervi ragione del vostro iniquo operato...

— O a me non tocca? domanda il questore.

— Di voi e dei pari vostri non si occupa Dio...