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438 | il secolo che muore |
— Signor curato; innanzi tutto le ricorderò che il mio governo è anche il suo, e poi che egli veglia perchè i cittadini tutti osservino le leggi. Qui in casa il padrone è il signor Egeo; e voi, lo giudico dalle vostre parole, non ignorate il contratto intervenuto fra la sua consorte e lui. E quando ciò non fosse, chi vi dà il diritto di entrare nelle case dei cittadini, col pretesto di religione, per isvaligiarle? Come mi proverete che la signora Amina vi donava quanto eravate in procinto di portar via?
— Il mio carattere sacro non basta?
— Passò l’usanza.
— Allora io non devo nò posso invocare altra testimonianza, quando anche non avesse a Dio spiegate l’ale...
— La bell’alma innamorata, continuò cantarellando il questore. — Bravo reverendo, ma bravo, la ci va fino di Lucia di Lamermoor...
Ma il reverendo, quasi sdegnoso di servire di bersaglio ai motteggi plebei del questore, soggiunse con molta dignità:
— Ecco che io depongo quanto mi fu dato liberamente, protestando però davanti agli uomini e davanti a Dio del sacrilegio commesso sopra la mia persona.
— Eh! reverendo, vi risponderò come un dì rispondevano i vicerè di Sicilia a quelli che li minacciavano ricorrere a Dio e al re per le loro angherie;