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capitolo xv. 41


— Io mi sbattezzerei a pensare dove tu abbia sperperati i quattrini che devi avere guadagnato.

— E che guadagno... aggiungi; ma se tu provassi Elvira, conosceresti com’essa è donna da tirare in fondo una flotta di navi di sughero. Insomma mi mancano quattrini e mezzi per farne di corto, e se mi rincresce Cristo lo sa, e in questo tuo consiglio di dare a beccare ai polli in chiostra, mi sembra che stia l’anima del negozio.

— Dunque non resta altro che provveda io, disse Omobono a denti stretti.

— Conteggeremo all’ultimo, rispose Egeo a bocca aperta.

Omobono, nonostante la sua repugnanza grandissima di mandare al palio nuovi biglietti falsi, pure, stretto alla gola, ne trasse fuori dallo scrigno per un duecentomila lire, esclamando: — Il Rubicone è passato da un pezzo; dove andò la galera vada il brigantino: — e li consegnò ad Egeo, il quale osservò che non gli parevano a sufficienza, ma che tuttavia avrebbe cercato di farli bastare.

Da questo fatto però non nè venne male nè bene imperciocchè Egeo veramente in così cattive acque come aveva dato ad intendere non si trovava: poco spese, e dei suoi; i biglietti avuti da Omobono, dopo averli ben contati, lasciò intatti nel portafogli.

Ora nel mezzo tempo erano accaduti due casi, che importa riferire.