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420 | il secolo che muore |
Omobono... sempre... ahimè! sempre; e siccome ella fantasticando, si dava ad intendere che tra coteste pupille e la sua visione intercedesse qualche spazio, poneva nel mezzo la mano per nasconderle; vani conati! che coteste pupille appannate e contratte, non fuori, ma dentro la fronte gliele aveva dipinte il rimorso.
Impensierito dei progressi del male, il medico curante, sentendosi venir meno il coraggio, persuase consulti, e si aggiunse alla cura medici che andavano per la maggiore: allora sì che ricomparve il caos nella magnificenza della confusione: chi prescrisse bagni sulfurei e chi iodici; altri, Dio ne liberi da bagni: frizioni mercuriali soltanto. Da un lato dieta rigorosa, dall’altro ha da mangiare bocconi ghiotti, e vino del buono, e lo ha detto il Faloppio.1 Il confessore, che si trovava presente al consulto, non potè trattenersi da esclamare: — anch’io faccio così, e me ne trovo benone.
Uno dei medici, con aria ingenua, soggiunse:
— Come! Anche lei si cura la lue in cotesto modo, reverendo?
— Che lue? Io mi curo in cotesta maniera lo stomaco, la lue lascio intera a lei, eccellentissimo.
Proseguendo i medici a contradirsi, taluno suggeriva tagliassero i capelli alla inferma e col sa-
- ↑ Comedat res bonas, bibat vinum praestantissimum laeve, et, si potest haberi, suavissimum.