Pagina:Guerrazzi - Il secolo che muore III.djvu/411


capitolo xix. 409


lazione delle donne, onde si profferse amorosa di sovvenirle giusta la sua possibilità. Isabella, non respingendo il soccorso che Dio le mandava, levò di sotto al guanciale dov’ella posava il capo una bellissima trina, e la porse alla portinaia, pregandola gliela portasse a vendere a qualche signora; da ebrei rigattieri, per amore di Dio, no; del prezzo ricavato in prima pagasse il fornaio, che le aveva fatto credenza del pane; del rimanente — e questo le susurrò negli orecchi — provvedesse brodo e alimenti leggeri per ricreare la povera Eufrosina; quanto a sè non importava, ormai sentiva avere messo il piede sul cammino della morte, e niente allettarla a tornare indietro. — La portinaia non le rispose niente; solo col dito le accennò la giovane cieca; — come per dirle: fatevi coraggio per lei. La buona donna ebbe avvertenza a tutto. La Isabella, tostochè la vide uscita, si recò il vivagno del lenzuolo in bocca per reprimere i singhiozzi, e le lacrime le inondarono la faccia; — perchè ella pianse? Ah! le venne in mente che cotesto trine orlarono l’accappatoio che coprì i suoi figli quando li inviava al battesimo. Tanto ormai del suo sangue non vestiranno più alcuno!

A notte affannosa succede giorno pieno di ansietà, imperciocchè le donne aspettassero da un punto all’altro la visita di Omobono col cuore del condannato che messo in cappella attende il carnefice