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392 | il secolo che muore |
privilegiate, che ciò che per amore non si fa, per paura d’infamia si effettua.
Di un tratto però la Elvira provava il giudice istruttore, di can mastino, barbone: non più ringhiava, non più mostrava i denti: scodinzolava; in breve ei seppe cattivare l’animo suo: allora le partecipò come Amina, alle interrogazioni giudiciali, avesse risposto: dei biglietti di banca ella sapere nulla, nè mai averne avuti; forse, ma non lo poteva affermare, non era fuori del probabile che Omobono buon’anima, oltre il portafoglio cascato nel lago di Como, ne avesse un altro; e per ciò verosimile che la signora Elvira, entrandole in camera mentr’ella versava in gravissimo pericolo di vita, avesse trovato il portafogli e tenutolo; e non senza perchè, avendo la buon’anima non una, ma più volte promesso solennemente di costituirle dote proporzionata al suo grado, che per opinione comune si aveva per isterminato. La signora marchesa Elvira per senso di dovere, come per attitudine fisica inettissima alla fabbricazione di biglietti falsi; tanto potere giurare e giurarlo. Ora il giudice istruttore persuadeva Elvira a pigliare la testimonianza ordinata a favorirla, tale e quale, e a servirsene di falsariga per adattarci sopra la sua confessione; pensasse che veniva ad escludere il dolo dal fatto dell’appropriazione del portafogli e dall’altro dello spandimento della moneta falsa; pel