Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
384 | il secolo che muore |
invio, e, domandata licenza di allontanarsi alquanto per curare il trasporto dei bauli, disse a Elvira non si movesse di casa, sarebbe in breve di ritorno, averle a dire cosa di suprema importanza per lei. Coteste parole buttate là valsero a mettere sottosopra lo spirito della mala femmina, per la vecchia ragione che chi porta la coda di paglia teme sempre che gli pigli fuoco: quando Egeo dopo un’ora tornò, sebbene in vista comparisse tranquilla, pure ella in cuore tremava; appena lo vide, ridendo di un suo riso alla trista, gli disse:
— Ebbene, qual tu ne vieni a me, colomba o corvo?
— Elvira, non corre tempo da scherzi; ti parlerò schietto e succinto; dimmi, ti si sarebbero a caso attaccati alle mani biglietti di banca di provenienza Onesti o Boncompagni?
— Che discorsi mi fai? urlò Elvira, e con vicenda assidua ora avvampava in faccia ed ora impallidiva come per morte. Ah! me lo porgeva il cuore che Amina ti avrebbe messo su... Calunnie... tutte infamie... lo giuro su l’onore mio... su l’anima...
— Elvira, per l’amor Dio, non mettiamo tanta roba a sovvallo; calmati. Amina, non mi ha parlato di niente; io lo arguiva dalle folli spese che fai.
— O che credi il mio tempio così venuto in ira agli Dei, che lo abbiano disertato tutti i devoti?
— Io invece penso che un devoto ti sia rimasto,