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380 | il secolo che muore |
rimescolamento, che amore non si potrebbe dire senza offesa anche dei figli della Venere terrena.
Quando Elvira si vide il giorno dipoi comparire davanti Egeo, diede subito mano al suo agaiolo per cavarne gli aghi più acuti per trafiggerlo; ma egli, o non sentendo, o non curando coteste punture, le favellò così:
— Amina, come sai, ha lasciato la tua casa a cagione delle sevizie con le quali tu avevi preso a tribolarla,
— Non è vero nulla... ella ingratissima... ella disamorata...
— Risparmiati il fiato, o adorabile Elvira, per quando sarai arrivata all’articolo mortis, perchè io so appuntino dove e come te ne sei lavata la bocca; ti è bastato fino l’animo di dolerti ch’ella ti aveva screditata la casa! E di ciò, se ci pensi un momento, devi essere maravigliata anche tu. Siamo onesti, come disse il Ricasoli: tu te l’appropriasti come arnese adattato ai tuoi interessi; ora che tu li hai fatti lo butti via. Gua’! Che ti ho a dire? Tu sei nel tuo diritto, e certo non sarò io quegli che ti biasimerà; tiriamo un frego su questo e non perdiamo più tempo. A quest’ora Amina si trova a Sesto Calende, donde pel Lago Maggiore si condurrà a Locarno; nella notte scorsa venne ospitata in casa Sebergondi, dove certo la passò più innocentemente di te; ma ciò non rileva. Io venni qui per