Pagina:Guerrazzi - Il secolo che muore III.djvu/376

374 il secolo che muore


amici, procurarsene dei nuovi o mettere il bavagliolo ai nemici; e poi di che cosa aveva ella bisogno? Ogni cosa che desiderava, lì stampata; galanterie, delizie, fantasie chiedesse e domandasse; non le mancava neppure il latte di gallina: aggiungi che ora le conveniva starsene in casa, farsi dimenticare, non mettersi in vista della gente; e di queste e di altre simili ragioni chiamava giudice il Merlo, il quale, da quel furfante matricolato che egli era, le approvava tutte e ce ne appiccicava di suo. Cotesto erano gocciole grosse, nunziatrici dell’acquazzone, sicchè Amina a dritto poteva dire: il mal mi preme e mi spaventa il peggio: i servi ogni dì la curavano meno; passava intere giornate senza vedere anima viva: già era venuta a tale, che per sospetto non avria mangiato nè bevuto, se non fosse stata la paura di morire d’inedia. A questa prima causa teneva dietro la infermità di cui andò un tempo fieramente travagliata, la quale, comecchè fosse comparsa guarita per virtù del fosfato di mercurio e di altri farmachi del pari violenti, le serpeggiava insidiosa nel sangue e di tratto in tratto le annunziava la sua presenza, ora trafiggendole le ossa in prossimità delle articolazioni, ed ora stirandole i muscoli dolorosamente; più che tutto le dava spasimo la cefalea notturna, mentre la luce le pungeva le pupille: oltre l’angoscia fisica, principiava a impadronirsi di lei un’allucinazione precursora del ri-