Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
366 | il secolo che muore |
conservano i loro aghi o spilletti, ficcandoveli per la punta.»
Don Macrobio non morì, ma non rimase vivo; di un tratto, spiccato un salto, butta via la callotta di capo, pesta i piedi, si dà dei pugni nella tonsura, e aggirandosi per la stanza come colto da subito furore, tira moccoli da far venire giù tutta la Corte celeste; il pretore, la pretoressa, i cittadini là convenuti a giocare e la serva; i bimbi che dormivano, desti dal diavolio, si buttano giù da letto ignudi come Dio li aveva fatti e corrono dietro a don Macrobio strillando da disperati. Cotesto parossismo nel prete fu trotto di asino; sgonfiò in breve, ed accosciatosi giù prese a nicchiare come donna partoriente: tanto bene da lui era imitato cotesto piagnisteo, che la signora Caterina, moglie dello speziale di faccia alla pretura, sospettando davvero che qualche donna si trovasse alla pretura co’ dolori del parto, andò di corsa pel medico, il quale, taroccando a sua posta, seguitata la Caterina, rinvenne pur troppo il prete, il quale si era sgravato con gran dolore di due biglietti bianchi della Banca Nazionale Sarda e di cinque gialli. Anche il medico cominciò a sbadigliare, non perchè potessero trovargli il biglietto datogli dalla marchesa, il quale ormai chi sa in quante mani era passato, ma si perchè temeva di entrare in qualche ginepraio; però cheto come olio. Le sera stessa la ve-