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capitolo xix. | 357 |
i conti giusti... egli lo assolvè senza tante invenie, dicendogli come Cristo all’adultera:
— Va’ e non peccare più.
Ma subito dopo, riprendendo le parole, aggiunse:
— Però badate; se tenete in serbo altra moneta, quando vi venga voglia confessarvene, voi sarete con pari indulgenza perdonato.
I tribunali di Ninive avrebbero più facilmente trovato Giona in corpo alla balena che quei d’Italia un uomo inghiottito da un convento di gesuiti; però dopo infinite ricerche sempre invano, i giudici posero l’animo in pace di poter ripescare il Nassoli; il quale sotto il nome mentito più tardi venne a Roma, e credo che ci si trovi anche adesso; tuttavia ci vive desolato, considerando come le faccende della compagnia decadano maledettamente; colpa, e lo dice, della passione, che agitando il cervello di alcuni padri ha scombussolato l’ordine antico; niente di troppo; lo zelo è vizio; tutto al suo punto; adagio quando hai fretta: abbaco e compasso compongono il suono e il canto delle sinfonie gesuitiche: amore, odio, vendetta, perdono, dare e pigliare, tutto vuolsi tagliare alla debita lunghezza come le ugna e i capelli: per ora gli danno poco ascolto e gli appongono nientemeno che lo Spirito Santo in persona là dove dice: «ogni cosa ha la sua stagione... tempo di uccidere e tempo di sanare... tempo di