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356 il secolo che muore


quelle di Lissona, anagramma di Nassoli, fu visto una volta arrampicarsi come scimmiotto su per certe corde, onde assettare un lembo di festone dispaiato col lembo pendente dall’altra parte; egli usciva puntuale, puntuale rientrava; misurati sempre il cibo e la bevanda; nè di un minuto differiva l’andare a giacersi, nè di un minuto affrettava il levarsi; con lui in casa potevano buttarsi fuori di finestra gli orologi: non mai impaziente, non disforme da se mai, sicchè il provinciale, dopo averlo considerato sottilmente per di dentro e per di fuori come sanno osservare i gesuiti, esclamò: egli è gesuita nato! Allora gli commise certa ragione di conto, che fece presto e bene, comecchè fosse suo mestiere; così di mano in mano fu messo dentro alle segrete cose, dove rimase stupito dell’ammirabile congegno dei concetti, dell’armonia delle pratiche, dell’efficacia dei modi di acquistare l’altrui, conservare l’acquistato, ricuperare il perduto, che ei fu per andarne in visibilio: e sebbene nelle vene, piuttostochè sangue, sentisse gocciolarsi olio di merluzzo, pure rimase vinto dall’entusiasmo, imperciocchè un giorno, esaltato, si gittò pentito e contrito ai piedi del padre provinciale e gli chiese a un punto perdono per avere dissimulato e licenza di versare in cassa gli altri ventimila franchi rimastigli.

Il padre provinciale, senz’abbaco, aveva fatto