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342 | il secolo che muore |
avrai avuto le tue buone ragioni: quante volte ci siamo ubriacati insieme! Smettila una volta, che mi sento stufo di essere maltrattato da te, bai capito?
— Andiamo via, Merlo, fatevi perdonare il trascorso passato attendendo ad eseguire quanto sarò per comandarvi.
Ora si tira innanzi la vedova locandiera dell’Amina, e implora piangolosa pagamento del fitto e indennità per la rovina patita; era stiantata di sana pianta; chi da ora in poi avrebbe abitato casa sua? Si raccomandava in vìsceribus; e fu vista inginocchiarsi e così genuflessa camminare dietro Elvira, la quale, uggita della improntitudine, si volse a Merlo dicendogli:
— Vedete di accomodare per la meglio questa donna. Non sono mica morta io in casa sua; ne il morto mi appartiene, senonchè per la trafitta che mi ha dato nel cuore: d’altronde egli lascia una eredità; si faccia pagare da quella.
— Aggiusterò io questa faccenda, intervenne a questo punto il pretore, ed Elvira con bel garbo gli disse:
— L’avrò per grazia; — e qui ella si volse da capo al curato con queste parole: — Reverendo, io non le chiedo accompagnare quel povero morto al camposanto.
— Di fatti io non la potrei servire.