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capitolo xviii. 341


da Milano una cassa di vestitini per i suoi interessanti bambini, ma ella, ch’è donna di giudizio, comprende a colpo di occhio che troppo triste cure mi attendono a Milano, ond’io possa, come pure vorrei, badare a ciò: quindi la prego a volersi pigliare questo carico per conto mio, e ciò con tanta maggiore opportunità, che qui il sarto li potrà provare alle creature prima di cucirli e a questo modo farli tornare a pennello a loro dosso.

Ah! interesse, interesse, quando tu ti ci metti in casa entri sempre, perchè se tu picchi all’uscio nel medesimo modo, diverso è il grido col quale accompagni il picchio, ed ora preghi per lo amore di Dio, ora per l’amore del prossimo, ora per l’amore dei figliuoli, sicchè l’amore tira la corda e si accorge tardi avere albergato un serpente.

Il pretore tornò a casa all’alba, nè solo; con lui vennero l’albergatrice di Amina e il Merlo, rinvenuto dalla sconcia ubriachezza; la Elvira, appena lo vide, gli fece una squartata da levare il pelo: bel capitale ci era da fare di lui, dominato ogni dì più dal turpe vizio del vino; troppo abusare della sua bontà; pensasse che ogni libro aveva il suo fine: quello della pazienza come ogni altro. Ma il Merlo, fattolesi dappresso, a voce bassa e in atto di ossequio le susurrò.

— Ci conosciamo, buona lana; se tu mi hai lasciato ubriacare, senza ubriacarti, è segno che ci