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capitolo xviii. | 325 |
e intanto ch’ella si veste continueremo a ragionare e non perderemo tempo...
— Veramente...
— E se la beatissima Vergine per sua intercessione mi fa la grazia di ritrovare sana e salva la mia figliuola, io fo voto di lasciarle nelle mani quattromila lire per dotare una fanciulla...
— E in mano di cui vuol’ella lasciare, signora marchesa, le quattromila lire? — In quelle della Madonna?
— Nelle sue... nelle sue... signor curato; e se non bastano le aumenteremo, perchè danari non mancano e ci sentiamo un cuore da Cesare; dunque si vesta, che sia benedetto; emetici ne ho meco per far vomitare anche il Conte Verde, ch’è di bronzo... e avverta che prima di andare a sorprenderli bisognerà farne motto al pretore...
— Al pretore! esclamò stizzito il curato, rammentando come costui col goffo gli avesse ammazzato la più bella primiera del mondo. E come ci entra il pretore?
— Ci entra benissimo: perchè il giovane è un rompicollo finito; quattro o sei ne ha su l’anima, tre di certo, ammazzati in duello; la si figuri di che non è capace cotesto disperato; molto più che, anche a risico di una tragedia, voglio portargli via la figliuola.
— Com’è così, la mi scusi, ma io non vengo —